di Beppe Caccia
– Questo pomeriggio Venezia sarà attraversata da un corteo di donne e uomini provenienti da tutto il Veneto. Sono decine e decine di movimenti e comitati, associazioni e gruppi, centri sociali e occupanti di case che manifesteranno, per la prima volta, con obiettivi comuni e con un avversario comune.
Gli obiettivi sono chiarissimi: chiedono di bloccare le “grandi opere” infrastrutturali, inutili e costosissime per le casse pubbliche, che hanno ferito e feriscono l’ambiente e il paesaggio veneti. Di fermare il “consumo di suolo” che sta divorando il territorio per ragioni meramente speculative. Difendono, con forza, i “beni comuni” e la “democrazia”, pretendono cioè che le decisioni che riguardano tutti siano prese in modo trasparente e partecipato dalle comunità locali e abbiano come assoluta priorità quelle risorse non rinnovabili, che sono di tutti e che non devono essere oggetto di privata appropriazione.
Affermano che, proprio nella crisi che sta continuando ad arricchire pochissimi e sta impoverendo molti anche in quella che un tempo veniva definita la “locomotiva produttiva” del Paese, è possibile, anzi necessario un profondo cambiamento di cultura e di prospettiva, una radicale alternativa di modello produttivo e di sistema economico.
L’avversario è quel groviglio di interessi che si colloca tra affari e politica, tra speculazione e rendita, e che ha trovato, negli ultimi vent’anni, disponibile ascolto e convinto supporto nelle scelte di governo della Regione Veneto. Altro che “basta capannoni”!
Basti pensare al voto dell’altra notte, con cui la maggioranza del Consiglio regionale ha approvato il cosiddetto “Piano casa”. Un provvedimento legislativo che, da parte di una Regione che ha tagliato tutti i contributi all’affitto per le famiglie a basso reddito e mal amministra il patrimonio edilizio pubblico gestito dai carrozzoni ATER, ben poco servirà a dare un tetto ai tanti veneti, per origine o per destino, che un tetto sopra la testa non ce l’hanno affatto. Servirà invece ad autorizzare, a favore dei soliti noti interessi, una colata di cemento da milioni di metri cubi sui centri storici e sul territorio di tutti i comuni, in deroga ai piani urbanistici e di tutela ambientale esistenti e scavalcando totalmente il parere delle amministrazioni locali.
Non solo: la giunta guidata da Luca Zaia ha adottato, nei mesi scorsi, il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) che, come dice il nome, dovrebbe raccogliere e sintetizzare la pianificazione infrastrutturale e urbanistica di tutti gli enti locali. Per Venezia prevede di confermare il terminal delle “grandi navi” da crociera alla Stazione Marittima, la realizzazione della metropolitana sublagunare fino al Lido, il raddoppio dell’aeroporto Marco Polo con la mostruosità di Tessera City e il devastante tracciato in gronda lagunare del TAV. Tutte “grandi opere” che il Piano di Assetto del Territorio (PAT), votato dal Consiglio comunale, rifiuta con decisione. Il presidente Zaia ama riempirsi la bocca di parole quali “democrazia, dialogo, confronto”. In realtà lui e la sua giunta vorrebbero imporre alle comunità locali del Veneto scelte insostenibili.
Ci sono pertanto buoni, ottimi motivi per partecipare alla manifestazione che parte oggi pomeriggio alle 14 dalla Stazione di Santa Lucia. Per noi, cittadini veneziani, ancora di più.