L’incidente in banchina dell’Msc Opera ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. Intendiamo, risvegliare le coscienze di chi ce l’ha, una coscienza. Al mutismo delle compagnie ed al “bla bla” della politica che semplicemente non conosce il problema a fondo e farà di tutto per non trovare una soluzione che scontenti le potentissime compagnie di crociera – che si sono vantate di un fatturato in crescita che ha toccato lo scorso anno 14 miliardi di euro – va contrapposto l’indignata reazione della Venezia viva. Quale che non si rassegna a posporre diritti, salute, ambiente e democrazia nel suo territorio alle logiche di fatturato in banca delle multinazionali crocieristiche.
L’assemblea dei No Navi, svoltasi ieri pomeriggio ai Magazzini del Sale è stata premiata da una partecipazione straordinaria – almeno 150 persone – e lascia ben sperare per la riuscita ella manifestazione che è stata lanciata per sabato prossimo, 16 giugno, con ritrovo alle Zattere alle ore 16.
Tanta gente, dicevamo, e un ospite d’eccezione. I lavori sono stati aperti da Laura Zuniga Caceres, una delle figlie dell’attivista honduregna Berta, fondatrice dell’organizzazione Copinh attraverso la quale le popolazioni indigene del paese Centroamerica hanno lottato contro la realizzazione di una diga sul Río Gualcarque progettata dalla multinazionale Desa. Berta è stata assassinata il 2 marzo del 2016. Tra i mandanti, un manager e un responsabile della sicurezza della Desa e due alti militari dell’esercito dell’Honduras.
“Noi combattiamo ogni giorno contro l’estrattivismo, voi a Venezia contro la turistificazione di massa – ha spiegato ‘Laurita’ all’assemblea – ma la lotta è una sola: quella contro la stessa logica predatoria di chi trasforma diritti e ambiente in merce per ricavarne profitto”.
Il dibattito è stato aperto dagli interventi dei portavoce dei Noi Grandi Navi, di Quartieri in Movimento e di Fridays for Future.
Applicare sin da subito il decreto Clini Passera che vieta l’entrata in laguna delle navi con stazza superiore alle 40 mila tonnellate, è la soluzione del problema secondo l’assemblea. Una soluzione già pronta che non ha costi e non prevede scavi o altre Grandi Opere in laguna.
Chi parla di scavare il Vittorio Emanuele non sa quello che dice. Oppure butta acqua sul fuoco per lasciare tutto come sta. Oltre allo scavo del Vittorio Emanuele infatti, sarebbe necessario ampliare il canale dei petroli per consentire alle Grandi Navi di transitare con le petroliere. Una “soluzione” vietata dalla legge speciale per Venezia e dalla normativa Seveso per prevenire gli incidenti industriali. Il tutto, per portare questi condomini galleggianti sempre nella banchina già “incidentata” di San Basilio oppure su un nuovo scalo a Porto Marghera che aggiungerebbe ulteriore inquinamento in un’area già sufficientemente inquinata e ulteriore rischio in una zona già sufficientemente a rischio. “Riuscite ad immaginare una grande nave in avaria in un’area riempita di impianti pericolosi come Porto Marghera?”, si chiede preoccupato il presidente della municipalità, Gianfranco Bettin.
Non sono queste le ”soluzioni” che vogliono i veneziani e tutti coloro che hanno a cuore la laguna. “Le Grandi Navi devono starsene fuori – ha sottolineato Marta di Fridays for Future -. Sono pericolose per la città, per la laguna, per l’Adriatico e pure da tutti gli oceani del mondo. Sono un emblema perfetto di quel profitto predatorio che inquina sia l’ambiente che la stessa democrazia. Le Grandi navi sono incompatibili con la lotta ai cambiamenti climatici”.
L’incidente in banchina dell’Msc Opera, abbiamo scritto in apertura, ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. E non solo degli italiani. Parliamo delle coscienze del mondo (perché Venezia appartiene al mondo). Quel grattacielo galleggiante che ciondolava senza controllo nel canale della Giudecca sfracellando le fragili imbarcazioni che incontrava, è un emblema perfetto della deriva pericolosa di un capitalismo diventato troppo grande e insostenibile per la nostra terra. Questa immagina ha toccato profondamente la nostra anima perché tutti noi, anche chi dice che ai cambiamenti climatici non crede, sappiamo bene che un pianeta B non ce l’abbiamo.
Oggi Venezia e le scelte che faremo per difenderla, sono sotto gli occhi del mondo intero. Una ottima occasione per dare, una vota tanto, il buon esempio e buttare questi mostri devastanti e i loro profitti miliardari fuori della laguna. Fuori dal pianeta.