Ride With Us nella miniera di Hambach

Johaness è pronto con grande anticipo nella hall dell’ostello per farci da guida, deviando rispetto alla traccia stabilito, nel territorio della miniera di Hambach. Abbiamo deciso di pedalare per più km del previsto per meglio comprendere la realtà di questa miniera e della lotta in essere tra la compagnia RWE che la gestisce e una frazione della popolazione che si oppone alla sua espansione, addirittura decidendo di vivere sugli alberi.
Il tema delle fonti di energia è sempre stato centrale in materia di cambiamento climatico, sia in termini di modello di sviluppo economico e sia di chi ha finanziato la disinformazione sul cambiamento climatico, come i casi eclatanti della Exxon o dell’impero dei fratelli Koch negli USA.
È chiaro che essere nel mondo dell’energia non può essere inteso come un problema a priori e sono solo le concrete politiche intraprese dalle varie compagnie a dover essere giudicate in materia di cambiamento climatico.
Basta osservare quanto diversamente si sono mosse negli anni le due principali compagnie energetiche italiane: ENI ed ENEL. La prima a deciso di puntare alla ricerca di fonti fossili nell’Artico, essendo addirittura la prima a proporsi dopo la riapertura delle ricerche voluta da Trump, in opposizione alle precedenti scelte di Obama. ENEL, invece, ha fatto delle scelte nette a favore delle rinnovabili, optando per investire molto nello sviluppo di impianti nel Sud del mondo.
Oggi con Johaness vorremmo farci un’idea più precisa delle politiche in essere del colossso energetico tedesco RWE.
Per questo abbiamo accettato con grande entusiasmo la proposta di questo giovane e biondissimo ragazzo tedesco che miscela in maniera del tutto originale dei modi estremamente delicati e gentili, con una ferma determinazione e visione delle cose.
Partiamo con la solita pioggerellina, diventata ormai una compagnia di viaggio di questo tour, e guidiamo noi l’uscita da Colonia del gruppo. Il nostro tracciato prevedeva di passare a nord ma, a poca distanza dalla miniera. Johaness ci fa deviare invece verso sud, finché arriviamo nella città fantasma di Manheim. Cumuli di macerie ai lati delle strade, alternati a case ancora in piedi, ma con le finestre murate per non lasciare dubbi sul loro destino futuro.
Vediamo la bella chiesa ergersi ancora con ostinazione nel deserto delle macerie che la circondano. Le imprese incaricate stanno forse ritardando la sua distruzione come un medico che si ostina a mantenere in vita artificialmente un malato che non ha più alcuna speranza di vita, ma il suo destino è già segnato.
Ci fermiamo di fronte all’ex caserma dei vigili del fuoco con i portoni che inizia a sbiadire il loro colore intenso.
Fa impressione non vedere alcuna anima viva, se non raramente il passaggio a piedi di qualche operaio o di qualche camion della ditta incaricata e pensare che fino a non molti anni fa queste strade e case pullulavano di vita. Ora alcuni di loro si sono trasferiti a una decina di km di distanza, nella new Manheim, mentre altri hanno abbandonato completamente il territorio.
Per capire meglio il motivo di questa realtà percorriamo ancora un paio di km in bici e un centinaio di m a piedi per arrivare ad una prima vista della miniera da un piccolo promontorio di terra che Johaness ci chiede di non superare in quanto rappresenta il confine non segnalato della miniera stessa.
Da lì capiamo benissimo quello che sta succedendo. L’enorme cavità a cielo aperto sta avanzando verso il villaggio, scorticando il terreno superficiale, fino ad arrivare all’enorme riserva di lignite che non vediamo da questa posizione. Il destino di Manheim è qui;di di essere distrutta, ripulita dalle macerie, scorticata nel suolo per decine e decine di m di profondità e diventare parte di questo grande buco.
Il tempo di tornare alle nostre biciclette che vediamo apparire immediatamente da l punto in cui eravamo due auto della sicurezza e un’altra ci seguirà a distanza nel procedere della nostra pedalata in quella zona. Vediamo anche una casa costruita sugli alberi da cui alcuni ragazzi gridano immediatamente “no photo” al prima tentativo di prendere in mano il proprio smartphone.
Attraversiamo un’altra città fantasma e una superstrada letteralmente cancellata prima di arrivare ad un altro view point, in cui si vede l’intera miniera nella sua immensità. Secondo i dati contenuti in Wikipedia, ma che potrebbero non essere aggiornati con la continua evoluzione dei lavori l’area della miniera è di oltre 40 km2 e destinata però a raddoppiare.
Riprendiamo a pedalare con notevole ritardo sulla tabella di marcia verso Maastricht con gli inevitabili pensieri rispetto a ciò che abbiamo appena visto. Un paio di forature (Ugo e Marco) ci segnano il tempo della pedalata e ci accompagnano nel buio della notte a causa dei km in più Per la variazione di percorso che ci porteranno a fine giornata a registrare 130km, invece dei 102 iniziali.
Entriamo senza alcuna indicazione stradale nel territorio olandese, ma ci accorgiamo del passaggio dalle strade ancora più belle e comode per le nostre biciclette.
Rispetto a quanto capita in Italia, dove ci sentiamo spesso considerati un ostacolo e un fastidio per gli automobilisti qui ci sentiamo pieni dei diritti che debbono avere i più deboli e vediamo le macchine molto più grosse e pesanti di noi che si fermano in anticipo al nostro passaggio, con un evidente segno di rispetto.
Ma è già giunto il momento degli ultimi preparativi per la giornata conclusiva di domani, quando incontreremo rappresentanti di diverse forze politiche, con qualche scambio acceso tra di noi per ricordare che Ride With Us è e deve sempre rimanere staccata da ogni colore politico.
Noi vogliamo promuovere il cambiamento in modo trasversale ed essere una piccola parte di questo cambiamento.
Chiunque voglia farlo con noi è ben accetto!
Daniele Pernigotti

Dodicesima tappa: Colonia – Maastricht

Questa doveva essere una tappa di 102 chilometri che ci portava da una città all’altra lambendo la miniera di carbone a cielo aperto di Hambach (uno dei siti più inquinanti in Europa – non ho tempo per spiegarvi tutta la triste importanza e sciorinarvi i numeri di questo luogo, trovate tutto in rete).
In realtà, usciti da Colonia con un fugace sguardo al duomo e districandoci tra le vie cittadine guidati dal prode Paolo, accompagnati da uno dei ragazzi del gruppo di attivisti che abbiamo conosciuto il giorno prima, la miniera non l’abbiamo solo lambita, ma quasi circumnavigata, cercando di cogliere ciò che è quasi impossibile descrivere (le sue dimensioni) e vedere alcune cose incredibili: paesi abbandonati perché la miniera si sta continuamente ingrandendo; ragazzi che da mesi vivono su capanne sopra gli alberi per difendere una foresta destinata a scomparire; autostrade dismesse che ancora portano i segni delle barricate costruite durante le proteste dei mesi scorsi; ed infine un presidio di giovani attivisti.
Ripartendo da questo luogo (purtroppo non unico) che lascia senza parole, con la triste sensazione che un gigante cattivo si sia divertito a sfregiare la terra, troviamo sorprendentemente ristoro in un ristorante cinese e poi corriamo verso l’Olanda, pedalando all’imbrunire ed arrivando a destinazione ormai alle 20.00, dopo 140 chilometri.
Una personale nota tecnica positiva: alle porte di Maastricht, cioè dopo 130 chilometri di corsa, ho scalato (bene) il mio primo “berg”, un “muro”… non sono riuscito a fotografare il cartello (visto all’ultimo momento) ma oggi dovrò fare ricerche e verificare il nome di questo luogo per me diventato mitico… non sarà il Koppelberg, ma è pur sempre il mio primo “muro” del nord!
Stefano. Munarin