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Gigi Lazzaro: “Il mare è bene comune. La risposta al problema deve essere strategica e Marghera potrebbe rivelarsi una soluzione accettabile”

Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto

Grandi Navi e laguna, sono due cose assolutamente incompatibili?
Siamo consapevoli che il tema delle Grandi Navi sia ovviamente problema complesso e, come tutto ciò che riguarda Venezia, reso ancor più delicato dall’unicità della città e del suo fragile patrimonio ambientale, storico e artistico. E’ innegabile la necessità, oggi prioritaria, di tutelare e proteggere questo patrimonio dell’umanità da una presenza e da un traffico che hanno un impatto enorme sull’ecosistema lagunare (inquinamento dell’aria e dell’acqua), senza dimenticare la violenza estetica e visiva che questi condomini galleggianti comportano e che una parte sempre crescente della cittadinanza e della popolazione mondiale vive con sofferenza. Guardando ai dati, non si può non notare quanto il numero degli approdi del comparto legato alla crocieristica sia aumentato costantemente nell’ultimo quinquennio fino ad arrivare alle 661 toccate del 2012. Più 50% rispetto al 2006. E’ altrettanto evidente come il fenomeno crocieristico rappresenti un dato recentissimo nella storia della città e che si sia potuto sviluppare in queste proporzioni solo in virtù dell’assenza di adeguate regolamentazioni. Il tutto condito da un aumento di dimensioni delle navi tale da creare le condizioni di pericolosità e di rischio per Venezia cui tutti oggi assistiamo. Lo “struscio” della Carnival Sunshine in riva Sette Martiri, o peggio le tragedie della Costa Concordia all’isola del Giglio e l’incidente della Jolly Nero in manovra all’interno del Porto di Genova hanno almeno insegnato qualcosa? l’insostenibilità ed i rischi della situazione attuale sono innegabili. La presenza delle Grandi Navi in laguna costituisce dunque un problema in sé, ma allo stesso tempo rappresenta probabilmente il fenomeno più vistoso e importante che caratterizza la distorsione dell’attuale modello economico su cui è adagiata e su cui sopravvive la città. E’ per questo che il semplice divieto, sebbene necessario, al transito delle Grandi Navi davanti a San Marco, non ha risolto nulla. Sotto accusa non vi debbono andare solo le grandi navi ma la loro gestione. Siamo consci del valore del dinamismo turistico per l’economia veneziana e del ruolo importante che il comparto crocieristico svolge in termini di occupazione, per questo riteniamo sia vitale ripensare il modello e le linee di sviluppo della città, non solo del centro storico, e delineare il futuro che Venezia vuole costruire per sé, nell’interesse del proprio tessuto sociale ed economico, prima di esprimere posizioni assolutiste.

Con una ipotetica chiusura della marittima, i lavoratori e le Compagnie di navigazione temono ricadute occupazionali nel settore crociere. Che ne pensate?
Come detto, il fenomeno crocieristico si è sviluppato rapidamente nell’assenza di regolamentazione. Questa insostenibilità è stata verificata e confermata dal decreto Clini-Passera che ha sancito e normato la pericolosità dei transiti crocieristici. Su questo c’è poco da ribattere, ci dobbiamo rimboccare le maniche e trovare una soluzione che, secondo questi principi, tenga in considerazione le necessità occupazionali dei lavoratori. Per questo, non abbiamo mai chiesto la chiusura delll’attività della marittima, bensì il ricollocamento della crocieristica, oggi localizzata in luogo assolutamente non ideo a questo modello di navigazione. La difesa dei posti di lavoro è senza dubbio un obiettivo che ci sta a cuore sia raggiunto. I lavoratori dovrebbero sapere che l’eventuale spostamento di parte delle attività a pochi chilometri dal centro di una delle città più belle del mondo, non può certo rappresentare un deterrente alla visita nè scoraggiare anche solo una piccola percentuale dei milioni di visitatori che da ogni parte del mondo giungono a Venezia. L’unicità e la straordinarietà della città di Venezia sono riconosciutamente un elemento di vantaggio competitivo che dovrebbero indurre a fissare opportune regole di fruizione, nella certezza che nessuna di questa potrà determinare una riduzione del flusso di visitatori. Su cosa reggono concretamente le preoccupazioni? Non abbiamo nessun pregiudizio o preconcetto ma ci spieghino nel dettaglio perché, quali, e quanti posti di lavoro verrebbero a mancare, in modo definitivo e non transitorio, se si dovesse ricollocare (e non chiudere!) il terminal passeggeri. I lavoratori dovrebbero esigere, e non temere, investimenti e chiarezza per il loro futuro a lungo termine a prescindere dalla localizzazione del Porto.

Salvaguardare occupazione e ambinete insieme. E’ possibile?
Uso la questione portualità ad esempio: Non possiamo fingere di non vedere come il modello di sviluppo proposto e promosso dall’Autorità Portuale abbia comportato una vera e propria invasione di traffico crocieristico nel cuore di Venezia, passata dai 300mila crociesristi del 1997 ai quasi 2 milioni del 2013. Né possiamo essere così ingenui da pensare che possa essere quindi sufficiente il rispetto del dettato del decreto Clini-Passera per risolvere i problemi del traffico delle Grandi Navi a Venezia ed annullare le relative ricadute sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. Lo spostamento dell’Home Port veneziano in un’area più idonea, che noi desideriamo lontana dal fragile cuore della Città, può rappresentare una soluzione che ripensa non solo il traffico delle Grandi Navi, ma un assetto complessivo dell’accoglienza turistica in città. Dovrebbe essere, di logica, un solido investimento in grado di garantire l’attuale numero di toccate, se non addirittura aumentarle, senza i rischi ambientali e l’impatto paesaggistico connessi a questo volume di traffico. Le aree oggi meno interessate dalla pressione turistica (Venezia oggi sfiora i 20milioni di visitatori/anno, concentrati nel Centro Storico), le stesse che oggi sentono maggiormente il clima di instabilità economica e che necessitano di interventi di rilancio, potrebbero goderne significativamente entrando a far parte a pieno titolo delle dinamiche cittadine, senza esserne più suburbio. per noi quindi è senza dubbio possibile creare lavoro salvaguardando l’ambiente, ma solo cancellando questo dualismo lavoro-ambiente che ci hanno imposto e su cui per anni si è giocato per il mantenimento dell’economia e del benessere del Paese. La sfida più evidente che abbiamo di fronte è dunque quella di cambiare questo paradigma. Ambiente (la sua tutela, controllo, valorizzazione) può significare lavoro, inoltre attraverso la green economy e la chimica verde, quella dei fatti e non delle parole, e l’innovazione, possiamo provare a trascinare il Paese fuori dall’evidente crisi occupazionale che stiamo già vivendo.

Lo scavo del Contorta e il dirottamento delle Grandi Navi lungo il canale dei Petroli potrebbe rivelarsi una soluzione accettabile entro determinate condizioni? 
Per quanto ci riguarda la proposta di scavo del Contorta rispecchia la pochezza culturale delle idee dell’Autorità Portuale. Circa 4km di lunghezza, 140mt di ampiezza e 10mt di profondità al posto di un canale naturale profondo oggi pochi cm e largo poco di più. Un’altro sfregio al delicato equilibrio lagunare come se il solo deviare il percorso per le navi di stazza superiore alle 40mila tonnellate, per farle ormeggiare comunque nello stesso luogo, possa cancellare i rischi ed i danni ambientali già certificati (come quello dell’elevato inquinamento atmosferico, ad esempio). Come se il transito, che rimarrebbe invariato, di navi di stazza inferiore alle 40mila tonnellate, che raggiungono facilmente i 200/250 metri di lunghezza e che rappresentano più della metà dell’attuale traffico crocieristico, non riproponesse i medesimi rischi e offrisse quindi una risposta solo parziale al bisogno di strategia e prospettiva che ha Venezia. Lo scavo di uno o più nuovi canali all’interno della laguna, ha il preciso scopo di mantenere lo status quo, o peggio di aumentare in prospettiva il numero di toccate istituendo di fatto un doppio ingresso alla marittima, incredibilmente peggiorativo. Siamo assolutamente contrari e la sola idea ci fa rabbrividire. Venezia ha già subito uno stravolgimento del suo delicato ecosistema con la scelta scriteriata di insediamento di un polo industriale a qualche centinaio di metri dal centro cittadino, la laguna ha conosciuto uno sfregio incancellabile con la realizzazione del canale dei petroli e l’ulteriore escavo dei fondali alle bocche di porto. Laguna e città di Venezia sono un patrimonio mondiale inestimabile che va tutelato e protetto e non più aggredito e sfruttato. Come ambientalisti e come cittadini non possiamo più accettare soluzioni del secolo scorso da parte di una lobby imprenditoriale che di quegli anni è in grado di riproporre solo il peggio.

Un porto offshore come nel progetto De Piccoli potrebbe essere una risposta o semplicemente scarica il problema sul Cavallino? 
Quello che non ci convince è il principio “lontano dagli occhi lontano dal cuore”, come se il problema fosse risolto una volta e per tutte cancellando Venezia dagli scali crocieristici o spostando sempre più all’esterno dei confini Comunali il problema di turno. Il mare è bene comune che ci appartiene e che non può essere usato ed occupato per evitare di affrontare le sfide del prossimo futuro che devono partire, per quanto ci riguarda, dal recupero e dalla rigenerazione urbana di quanto abbiamo già compromesso. Non ci interessano soluzioni parziali che si occupano di risolvere i problemi posti dalle singole attività all’interno della città. Vogliamo piuttosto una pianificazione strategica della città, vogliamo immaginare la Venezia del futuro, vogliamo che sia giocata una sfida importante, non solo sulla vergogna degli inchini al campanile delle Grandi Navi, ma sul recupero di aree e identità, sulla ridefinizione degli spazi, sull’idea insomma di Città che vorremmo realizzare. Le aree prospicienti il Lido di Venezia come quelle del Cavallino non ci appaiono adatte per un porto turistico utile alle Grandi Navi, per la vocazione balneare che le contraddistingue e di conseguenza per gli incalcolati impatti ambientali che un’insediamento portuale riverserebbe su zone di interesse turistico oltre che naturalistico come il litorale del Cavallino, S.Nicolò e l’oasi degli Alberoni, stravolgendone l’identità. Senza dimenticare il pesante impatto sul paesaggio costiero che si andrebbe a creare. Come mai chi si è strappato i capelli contro il Palaise Lumiere a Marghera non si è ancora fatto sentire per impedire uno scempio visivo di diversa natura certo, ma di simili proporzioni, sul nostro litorale?

In caso contrario, dove potrebbero ormeggiare le Grandi Navi?
Venezia, com’è noto, convive con uno dei S.I.N. (Sito d’Interesse Nazionale) più estesi d’Europa, un’enorme area contaminata in abbandono e da bonificare che occupa una superficie a terra di 3.221 ettari, mentre quella relativa alle porzioni in mare è di 2.200 ettari, cui si aggiungono ulteriori 350 ettari di canali portuali. Pianificare il futuro della città e dell’attività portuale partendo dalla rigenerazione di una parte di territorio abbandonato e tragicamente inquinato, rappresenta a nostro avviso una straordinaria opportunità, un obbligo sociale e urbanistico, che dovrebbe essere la pietra angolare, il principio basilare su cui attivare un percorso di cambiamento che tenga in considerazione l’evidente necessità di mantenimento del comparto crocieristico e dei posti di lavoro ad esso connessi, con la tutela della salute dei cittadini e di un patrimonio paesaggistico, storico e architettonico mondiale. Noi riteniamo che lo spostamento della Marittima per le navi da crociera nell’area di Porto Marghera attraverso il passaggio per l’esistente canale dei petroli possa rappresentare la giusta soluzione, la risposta moderna alle richieste di un mondo che è cambiato e che pretende idee originali che tengano insieme le ragioni dell’occupazione e della crescita economica con quelle della fruizione sostenibile. In questo modo si eviterebbe il passaggio delle Grandi Navi all’interno del Canale della Giudecca e del bacino di San Marco e allo stesso tempo si consentirebbe una pianificazione integrata di tutta l’area comunale attraverso il recupero e rilancio dell’area di Porto Marghera, un territorio che necessita disperatamente di un rilancio dopo anni di abbandono seguiti alla crisi del sistema industriale e del ciclo della chimica. Ci piace pensare che l’assurda localizzazione di un polo industriale che ha seminato morte e sofferenza negli anni passati possa essere considerata oggi un’opportunità verso la riconversione a scopi più nobili ed economicamente addirittura più vantaggiosi. E’chiaro che il rilancio di queste aree, per quanto ci riguarda, deve rappresentare una sfida per l’intero sistema Paese e non solo per la Città ed i suoi amministratori e deve avvenire secondo criteri che la orientino verso uno sviluppo sostenibile.

Che ne pensate della soluzione porto Marghera?
L’area di Porto Marghera può dunque essere secondo la nostra visione di città il luogo adatto per ospitare nel prossimo futuro in via definitiva le Navi da Crociera, oltre alle altre attività portuali. Questa è la nostra considerazione generale rispetto alle opzioni di aree possibili in campo. Rispetto ad una eventuale soluzione Marghera però, non possiamo esprimerci nel dettaglio poichè non abbiamo ancora visto una proposta progettuale concreta come invece già accaduto per le altre localizzazioni. In ogni caso, siamo convinti che il livello di progetto di cui occuparci e preoccuparci come ambientalisti in questa fase delicata non sia quello della progettazione esecutiva di singole opere ma quello della visione d’insieme, della pianificazione della città che vorremmo vedere svilupparsi in modo sostenibile ed armonico. Sulla qualità progettuale vigileremo, come abbiamo sempre fatto, quando sarà ufficializzato un progetto.

Come giudicate le politiche delle diverse Istituzioni, ad ogni livello, comunale, regionale e nazionale?
La politica dovrebbe prendere definitivamente ed urgentemente una decisione. Ad oggi abbiamo visto il Governo nazionale considerare con più attenzione le richieste dell’Autorità Portuale rispetto a quelle dell’Amministrazione Comunale, continuando a sostenere l’ipotesi Contorta nel nome di una emergenza che in realtà non esiste. La Regione Veneto la consideriamo “non pervenuta” nel dibattito sulle Grandi Navi, in quanto oltre alle dichiarazioni di Zaia a sostegno di Costa, nessun approfondimento è stato fatto ne tantomeno richiesto, ma non è una novità la mancanza di contenuti per la nostra giunta regionale. Del Comune ci sta piacendo l’attenzione che riposto da subito sull’agomento, dimostrando di averne capito l’importanza, ma sta perpetuando un attendismo già visto nella vicenda Mose, che ci preoccupa non poco. Noi chiediamo indistintamente a tutti i livelli della politica di valutare attentamente le soluzioni poste sul tavolo dai diversi soggetti interessati, ma di farlo considerando la loro decisione non solamente come utile tampone ad un problema sociale o di eccessivo traffico marittimo in laguna, ma piuttosto come indirizzo politico necessario ad attivare una concreta pianificazione delle attività economiche future, delle necessità urbanistiche, sociali ed ambientali, nella definizione di una politica industriale che assuma il turismo e il futuro di Venezia come asset fondamentale per il Paese. Ad oggi, nessun livello delle varie isitituzioni in gioco, ha risposto a queste nostre sollecitazioni.
Che futuro sognate per la laguna di Venezia?
La laguna di Venezia ha già un presente ben definito che dovrebbe già caratterizzare indiscutibilmente il suo futuro. L’istituzione del Parco della Laguna Nord, che ci ha visto come Legambiente tra i promotori, per quanto ci riguarda è stato un primo importante passaggio che l’amministrazione ha attivato, ufficializzando di fatto il suo valore naturalistico e la necessità di tutela ambientale. Bene è ricordare che il titolo di “patrimonio mondiale dell’umanità” Unesco riservato a Venezia, già oggi include la sua laguna quale prezioso habitat ricco di signficativa biodiversità. La strada è dunque già segnata ed è quella della tutela della laguna di Venezia attraverso la promozione e valorizzazione di aree di pregio dal punto di vista didattico, sociale e turistico; del recupero delle barene naturali con tecniche a basso impatto, diversificando gli interventi e ridistribuendo lavoro che difenda e rigeneri la città e la sua laguna, invece che sfruttarla; di allegerire la pressione turistica sul centro storico ridando ruolo, dignità ed importanza alle isole ed alla terraferma; di invertire la tendenza distruttiva di una mobilità acquea senza controllo, passando a sistemi innovativi e sostenibli di trasporto che migliorino la qualità delle acque lagunari diminunedo l’effetto erosivo su rive e barene; di estromettere, se necessario infine, quel traffico crocieristico che non sarà in grado di adeguarsi rapidamente alle necessità di tutela di un territorio così fragile e non vorrà accettare le sfide di innovazione e cambiamento che il presente ci impone.