Tanti cuori per un solo obiettivo: rilanciare in positivo quello che oramai è stato chiamato “movimento del 30 novembre” e trovare una strada condivisa per imprimere una sterzata ambientalista ad un governo regionale che, anche nelle ultime scelte politiche in tema di viabilità, si riconferma più che mai legato a vecchi schemi di sfruttamento e mercificazione del territorio e dei beni comuni.
L’incontro dei comitati – il primo dopo la manifestazione di fine novembre – si è svolto sabato pomeriggio, nella sede patavina dei Beati i Costruttori di Pace. Più di un centinaio i presenti, in rappresentanza del variegato arcipelago ambientalista e movimentista del Veneto. La prima parte dei lavori è stata dedicata ad una valutazione a freddo dell’iniziativa del 30. Valutazione considerata per lo più positiva da tutti. Superata la fase delle polemiche sulla gestione del corteo, è apparso chiaro che il percorso che si vuole intraprendere dovrà essere sì condiviso nei fini, ma rispettare le specificità di ogni singola associazione, i suoi tempi, il suo linguaggio e il suo stare in piazza. Piuttosto il, continuiamo a chiamarlo così , “movimento del 30 novembre” dovrà mostrarsi il più possibile inclusivo, allargando i temi ambientali a quelli del lavoro, considerando che alla fin fine, diritti e ambiente sono due facce della stessa medaglia che un certo tipo di “sviluppo” vorrebbe macinare per ricavare reddito. O meglio. quella famosa “rendita” che, come ha osservato l’architetta Luisa Calimani, portavoce di Città Amica, sta alla base di questo capitalismo predatorio che ha inventato parole come “austerity” e concetti come “crisi”.
E, a proposito di concetti, tanto per ribadirne uno che troppo spesso cercano di farci dimenticare – intendo “la lotta paga” – riportiamo una osservazione di Beppe Caccia. “La manifestazione del 30 ha avuto il merito di riportare al centro del dibattito politico temi che erano nella nostra piattaforma di lotta. Pensiamo solo al problema dei pedaggi autostradali di cui ora si fa un gran discorrere. Sono convinto che sia anche merito delle nostre mobilitazioni se ora due miti che ci erano stati inculcati come quello che il project financing non ci costa nulla e che le autostrade risolvono il nodo della viabilità, hanno mostrato tutta la loro inconsistenza”.
Archiviato quindi il bilancio positivo dell’iniziativa di novembre, resta da decidere quali strumenti utilizzare per buttare ancora una volta il cuore al di là della barricata. Per Oscar Mancini, che ha auspicato uno “svecchiamento” del sindacato sui temi ambientali, non è mai troppo tardi, ha sottolineato la necessità di “diffondere saperi e conoscenze, incrociando saperi sociali con conoscenze scientifiche” allo scopo di allargare la base critica. “E’ importante includere ma anche evitare di radicalizzare lo scontro” ha sostenuto. Una strada interessante, pur se non pare abbia suscitato grandi applausi in sala, è stata quella per così dire “istituzionale” avanzata dall’urbanista Carlo Giacomini che ha proposto ad usare ancora l’arma del referendum regionale e della proposta di legge di iniziativa popolare su tutti i temi sui quali si battono i comitati, dalle cave agli inceneritori, dalla tutela delle acque a quella de paesaggio. Se è vero che tutti quelli che erano in sala possono chiamarsi a buon diritto “figli” della grande battaglia referendaria per l’acqua pubblica, è anche vero che questa strada giuridica a livello regionale potrebbe rivelarsi tecnicamente impervia, costosa e difficile da percorrere. Per ottenere inoltre risultati quantomeno incerti. (Chi scrive ricorda ancora un paio di legge di iniziativa popolare personalmente depositate 4 o 5 anni fa di cui e che sono ancora ad ammuffire in qualche armadio di palazzo Ferro Fine, sempre che l’acqua alta non se li sia ancora mangiati).
Ma il vero punto dolente di tutta la discussione di sabato è stato il rapporto tra movimenti e partiti che è come parlare di thè col latte: c’è chi non riesce a berlo senza e chi si sente venire la pelle d’oca al solo pensiero di mescolarli. Detto subito che nessuno in sala è schizzato di matto al punto di proporre di costituire un altro partito di sinistra e neppure una sorta di “comitato dei comitati”, il problema di come affrontare le prossime amministrative c’è ed è inutile nascondercelo. Cristiano Gasparetto di Ambiente Venezia, ha messo in guardia l’assemblea dal “continuare a votare gli stessi sindaci e assessori che ci hanno preso in giro e che sono causa del disastro” proponendo di costituirsi in “una lista di partecipazione”. Proposta che non ha sollevato grandi entusiasmi in sala. Gli ha risposto Mattia Donadel di Opzione Zero, ricordandogli che “oramai le decisioni non vengono più prese nei luoghi istituzionali” e che “la questione qui non è sostituire un assessore ma un intero sistema di sfruttamento dei ben comuni”.
Chiudiamo restando sul concreto con la proposta operativa avanzata da Beppe Caccia che sarà, immaginiamo, uno degli argomenti che verranno affrontati nelle prossime assemblee. In sostanza, Caccia ha proposto di organizzare una “due o tre giorni” di lotta e di informazione, che ogni comitato dovrebbe gestire nel proprio territorio con le modalità e i linguaggi che più gli sono consueti: dai gazebi al volantinaggio, dai blocchi ai sit in. Rispettando quindi specificità e sensibilità di ogni associazione. Lo scopo è quello di informare la cittadinanza nelle zone “calde” con l’accortezza di legare sempre e comunque la questione locale ad un più ampio discorso globale. Perché, se c’è una cosa che la manifestazione del 30 novembre ha insegnato a tutti è che la sindrome di Ninby è perdente e si può vincere solo se cominciamo a pensare più in grande dei nostri avversari.
caro Bottazzo
mi dispiace che non sia stato inserito in quel reportage anche il ragionamento che ho fatto verso la fine della serata,
Permettimi riassumerlo.
Mi sono presentato nella mia qualità di pres. dell’Ass. per la sicurezza idraulica del territorio padovano e veneziano”, che da anni si batte per il completamento del canale idroviario tra Padova e l’Adriatico, anche nell’aperta ostilità di diversi gruppi veneziani , i cui nomi tu hai ricordato.
Ho subito aggiunto che il mio intervento intendeva dare un contributo alle domande rimaste senza risposta di chi si chiedeva il classico “Che Fare” dopo il 30 novembre ?
Partendo da un’esperienza che il mio gruppo ha maturato negli ultimi 12 mesi, ho suggerito l’idea di far funzionare una istituzione, prevista dalla legge, come le Conferenze Servizi. Magari in forma autogestita da Sindaci o comunque da personaggi che hanno un ruolo amministrativo locale, Ho ricordato che nel nostro caso vi sono state Mozioni votate da Consigli Comunali , spesso all’unanimità, i quali chiedevano a Zaia di convocare una Conferenza Servizi sull’idrovia, lavorando sulle conclusioni dello Studio di Fattibilità, in possesso dell’assessorato reg. all’ Ambiente.
Qualora, come è accaduto in questi mesi, il Governatore non avesse dato seguito alla richiesta, che ha trovato consenso nei Consigli di Padova, Abano, Veggiano, Bovolenta, Vigonovo, Ponte. S. Nicolò ….etc ho proposto che se ne potrebbe organizzare una “auto-gestita” dai Sindaci. Un mandato politico è già in loro possesso. Deriva dal voto favorevole delle rispettive Assemblee.
Questa procedura, ho continuato il mio intervento, non solo valorizza un istituto di democrazia partecipata, distinguendolo dalla persona che lo dovrebbe far funzionare, ma si obbliga lo sprovveduto amministratore, che non si muove, ad inseguire poi le situazioni.
Si ha anche il beneficio di una presenza sui giornali che non dura lo spazio di una manifestazione.
La formula di convocare altrettante Conf. Servizi, quanti sono i problemi nelle diverse realtà venete – dal polesine al bellunese e veronese…- permetterebbe ad ogni Comitato di lavorare ognuno su temi specifici e locali, sui quali è di sicuro ben preparato e attrezzato.
La sintesi avverrà – ho concluso – non solo quando ogni gruppo avrà potuto delineare al suo pubblico le soluzioni più opportune per la loro condizione ambientale, ma quando sarà a tutti evidente che il trait-d’union tra le diverse Conferenze Servizi è che abbiamo un avversario comune : la rendita fondiaria e il sistema sociale che la sottende.
Proprio quello che la Calimani ha sottolineato nel suo intervento iniziale.
E con questa frase ho concluso il mio intervento, durato 3-4 minuti.
Mi auguro che questo pezzo possa trovare spazio su Eco-Magazine.
Grazie e saluti
Carlo Crotti
ASS. “SALVAGUARDIA IDRAULICA DEL TERRITORIO PADOVANO E VENEZIANO”