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Una immagine dell'installazione della prima paratoia del Mose, Venezia, 14 giugno 2013. Posizionata ieri nel canale di Lido-Treporti, sono iniziate le operazioni di varo: la paratoia è stata lentamente calata in acqua per essere installata nel "cassone" di alloggiamento sott'acqua tramite uno speciale "mezzo di varo". ANSA / US CONSORZIO VENEZIA NUOVA ++NO SALES EDITORIAL USE ONLY++

Ladro di democrazia, devastatore di ambiente. Il sistema Mose a giudizio dal Tribunale di Popoli

Il Mose e tutta la cupola mafiosa che ruotava – e tutt’ora ruota – attorno al Consorzio Venezia Nuova è stata portata a giudizio del tribunale permanente dei Popoli. Oggi, 22 ottobre, nell’aula magna del liceo artistico Guggenheim di Venezia, si è svolta la prima fase, aperta al pubblico, delle audizioni. Dal 5 al 8 novembre, a Torino, sono in programma le udienze finali alla fine delle quali,  il tribunale si pronuncerà sulla violazione dei diritti democratici in base alla Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli proclamata ad Algeri nel 1976.

Il tribunale permanente dei Popoli nasce come ideale continuazione del tribunale Russell che a sua volta deriva dall’esperienza del Tribunale internazionale contro i crimini di guerra fondato dal filosofo Bertrand Russell e dallo scrittore Jean-Paul Sartre nel novembre del 1966 con lo scopo di fare luce sui crimini commessi dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam.

Dalla sua fondazione, nel 1979, il tribunale dei Popoli si è espresso in numerosi casi di violazione di diritti fondamentale di popolazioni in tutto il mondo, dai mari d’Indonesia alle coste del Salvador. Si tratta naturalmente, di un tribunale di “opinione”, di natura associativa con giudici volontari, ma comunque dotato di una copertura mediatica internazionale.

Il tribunale interviene in tutti quei casi nei quali le legislazioni nazionali risultino inadeguate, se non addirittura complici dei violatori, nel difendere i diritti dei popoli. In Italia, il tribunale è stato chiamato a giudicare le violazioni legate alle Grandi Opere, come la Tav, il Muos e, grazie all’associazione AmbienteVenezia che si è costituita parte civile, il Mose.

Le inchieste della magistratura che hanno messo a nudo il sistema di tangenti e di corruzione legato all’ecomostro lagunare, portando all’arresto e al rinvio a giudizio di imprenditori, funzionari pubblici e politici di tutti i livelli, si sono rivelati assolutamente insufficienti a spiegare come un tale sistema di malaffare abbia potuto inquinare Venezia, tanto da portare alla realizzazione di un sistema di dighe mobili che non solo è 20 volte più costoso di qualsiasi altra soluzione, non solo non risolverà il problema dell’acqua alta, ma ha comportato una devastazione senza precedenti in un fragile ecosistema unico al mondo violando tutte le leggi di salvaguardia. Non soltanto: le inchieste della magistratura e gli arresti eccellenti che ne sono derivati, si sono rivelate assolutamente inutili a porre un rimedio al problema. Tanto è vero che il Consorzio è ancora là, forte del suo regime di “concessionario unico” – che è un po’ come la licenza di uccidere per l’agente 007 – e il Mose ancora in fase di perenne costruzione, a divorare miliardi ed a continuare a massacrare quella che un tempo era la laguna dei dogi.

Il sistema di corruzione “legale” portato avanti dal Consorzio che non era finalizzato tanto a pagare tangenti per gli appalti (di cui era, alla faccia di qualsiasi principio di trasparenza e di democrazia) quanto a corrompere commissioni di salvaguardia, comprare consenso in città e a mettere a tacere le pur qualificate voci dei tanti tecnici che sottolineavamo la criticità non ancora risolte del sistema di dighe mobili, oltre a quelle degli ambientalisti preoccupate di salvare la laguna e la città.

Proprio il pericolo insito nell’opera che, tanto per fare un esempio, non tiene conto dei nuovi valori di marea dovuti ai cambiamenti climatici, la sua inutilità ai fini di fermare le “acque alte” e il continuo degrado cui sottopone la laguna, anche senza considerare le opere complementare e di compensazione (che non compensano un bel niente ma, essendo pure loro appaltate al Consorzio, sono solo un’altra occasione di corruzione e devastazione), sono tutti fattori che le inchieste della magistratura non hanno neppure sfiorato. Nè potevano farlo perché spettano alla politica. La magistratura può arrestare le mele marce. Quando è il sistema che fa marcire le mele, allora deve intervenire la politica imponendo regole più democratiche e trasparenti.

Ed è proprio su questo punto che il tribunale permanente dei Popoli è stato chiamato a pronunciarsi. E sulla sentenza finale, noi non nutriamo il minimo dubbio. Il sistema Mose ha violato il diritto dei veneziani a decidere della loro laguna, a difendere la loro città, a salvaguardare il loro ambiente. Perché, quello che quei mascalzoni ci hanno davvero rubato non è qualche miliardata di euro, ma la stessa democrazia.