TAR boccia Italcementi e conferma il Piano Ambientale del Parco

Il 29 agosto del 2017 è stata pubblicata la sentenza 809/2017con la quale il TAR del Veneto respinge i ricorsi che Italcementi aveva presentato contro l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei nel 1994 e a seguire nel 1999.

In sostanza i cementieri impugnavano l’adozione e successivamente l’approvazione del Piano Ambientale. Una sentenza che arriva dopo 23 anni dal primo ricorso e riconferma nella sostanza il pronunciamento del Tar n. 2858/06 del 6 settembre 2006 con il quale si respingeva analogo ricorso presentato dalla Cementeria di Monselice, all’epoca di proprietà del gruppo Radici.
Questi ricorsi facevano parte della strategia messa in atto dai cementieri e dai loro protettori politici, che puntava a snaturare i principi cardine del Piano Ambientale. In particolare si contestavano l’inclusione delle cementerie all’interno dei confini del Parco, il fatto che fossero definite attività incompatibili “con le finalità del Parco” e fossero predisposti percorsi per la dismissione e/o ricollocazione.

Questa sentenza ribadisce a tutto campo la validità dei principi contenuti nella legge istitutiva del Parco e del successivo strumento attuativo. Ci soffermiamo solo su alcuni che a nostro avviso rivestono particolare attualità. Innanzitutto si conferma che sono gli strumenti urbanistici dei Comuni a non dover confliggere con la disciplina del Piano Ambientale – ad esso sovraordinata – e non viceversa. Si considera legittimo che un Piano Ambientale individui le attività “incompatibili” con le finalità del Parco e preveda l’approvazione di progetti unitari per ciascun impianto produttivo (nel nostro caso le tre cementerie).

La sentenza nello stesso tempo sottolinea l’importanza della concertazione e dell’intesa “tra l’Ente stesso e le imprese interessate, onde individuare gli interventi più opportuni per il contenimento dell’impatto ambientale degli impianti produttivi“, come a concertazione ed intesa sono sottoposti gli strumenti delineati dal Piano per la valutazione (e la minimizzazione) delle ricadute socio-economiche delle scelte di soppressione, riconversione, delocalizzazione dell’impianto produttivo.
E, infatti, a questo riguardo vale la pena di rilevare che l’art. 19 delle Norme di Attuazione del Piano, prevede che lo strumento della convenzione sia utilizzato anche per definire le modalità e i tempi delle eventuali dismissioni, i programmi d’investimento, di riassorbimento occupazionale e di eventuale rilocalizzazione in aree esterne degli impianti.

Altro elemento di contestazione avanzato da Italcementi riguardava la previsione del recupero dell’area di Cava di Monte Fiorin. Anche su questo Punto la sentenza del TAR è inequivocabile poiché conferma la legittimità del progetto di risistemazione del sito. L’area situata ai margini della frazione di Marendole è indicata come nodo di vari percorsi di fruizione del Parco e il suo recupero prevede, tra l’altro, la realizzazione di un’area di sosta attrezzata, in relazione al sistema dei percorsi ed al circuito del “park-bus” e l’installazione di modeste attrezzature ludico-sportive, collegamenti pedonali con il nucleo storico di Marendole e l’approdo sul canale.

A questo punto sono doverose alcune considerazioni, che richiamano tutti i soggetti coinvolti all’assunzione delle proprie responsabilità, elemento indispensabile per giungere alla piena applicazione del Piano ambientale.

Per la Cementeria di Monselice in Via Solana, ora acquisita dal gruppo Buzzi-Unicem, va immediatamente avviato il percorso concertativo che porti alla dismissione dell’impianto. Il 31 agosto del 2021 scadrà l’AIA (autorizzazione integrata Ambientale) rilasciata dalla Provincia di Padova. Questi quattro anni dovrebbero essere fin da subito utilizzati per individuare strategie, passaggi, progetti e finanziamenti utili all’apertura di attività compatibili con il Parco e il riassorbimento occupazionale.

Può e deve immediatamente prendere avvio il recupero dell’area di cava Monte Fiorin, nello spirito e nella filosofia di quanto stabilito nel piano ambientale.

Quello che i cittadini non potranno tollerare sarà il riproporre proposte di deroga a queste attività produttive, magari con l’utilizzo di rifiuti come sostitutivo ai combustibili tradizionali.

Come non potrà essere avviata alcuna discussione sul futuro dell’area Italcementi che prescinda da una seria e radicale bonifica, questo alla luce delle dettagliate denunce che segnalano possibili interramenti di rifiuti nel perimetro dello stabilimento.

Solo su queste basi sono possibili tavoli e momenti di confronto che ci vedano coinvolti. Se non saranno questi i presupposti, il territorio ha già dimostrato di sapersi mobilitare per difendere la salute e il Parco Colli, per richiedere un modello produttivo rispettoso dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico presente.

Tratto da Laboratorio sociale Padovana Bassa
Comitato Popolare “lasciateci respirare”