Duecento metri più in là, dietro un cordone di polizia da 800 mila euro (tanto è costata la protezione della sua persona nell’ultima visita a Venezia), c’era il premier Matteo Renzi. Il presidente del consiglio era a Trento per parlare di economia. E a Trento ci siamo andati anche noi, per parlare di economia. Ma dai luccicanti saloni del Festival dello Scoiattolo ci siamo tenuti lontano, e gli abbiamo preferito il prato del parco Santa Chiara e le tavolate sotto il tendone sistemato dagli organizzatori dell’OltrEconomia Festival. Perché, al di là del casinò truccato della finanza mondiale, capace solo a parlare di recessione e di crisi, c’è l’economia vera, quella dei movimenti, quella delle produzioni dal basso, di chi recupera le fabbriche e occupa la terra. Quella di chi chiede democrazia, difende l’acqua come bene comune e si oppone alla mercificazione di ambiente e diritti.
Tutte cose che, se ieri erano solo giuste, oggi sono anche necessarie. Perché nella scena mondiale è intervenuto un grande attore che, non per caso, non ha trovato spazio dalla parte renziana del cordone di polizia: il clima. O, per essere più precisi e per dirla all’inglese, il Climate Change. Il primo attore dei cambiamenti che avverranno su questo nostro pianeta ma che il circo degli economisti di regime continua ad ignorare.
Proprio con i cambiamenti climatici, il festival OltrEconomia ha voluto aprire i suoi dibattiti, invitando un meteorologo di fama coma Luca Lombroso. Applauditissimo il suo intervento, ieri mattina al parco Santa Chiara all’incontro sul tema “Cambiamenti climatici, conflitti ambientali e grandi opere inutili. Verso il Cop 21 di Parigi”.
“Questi incontri mondiali mi trovano pessimista – ha commentato -. Nonostante nessun scienziato ponga in discussione la realtà dei cambiamenti climatici e che a produrli l’inquinamento, trovare un accordo appare sempre più difficile”.
Ancora, ha spiegato Lombroso, si continua a perseguire una economia fallimentare. Un esempio sono le trivellazioni in Adriatico. “Una scelta insostenibile non solo per i costi ambientali ma anche per quelli economici. Una scelta inoltre, fallimentare anche dal punto di vista energetico. Dovremmo spendere 50 barili di petrolio per estrarne cento. Inoltre, la produzione intera non basterebbe che per sei mesi, lasciandoci in eredità un’altra ferita alla terra per la produzione di gas. Oramai l’atmosfera è una discarica abusiva. Non so se le trivellazioni provocano terremoti, ma di sicuro a lungo andare causano inondazioni, fenomeni atmosferici estremi e maremoti”.
Per Lombroso la parola d’ordine, più che sostenibilità, è resilienza. “Mi spiego. La raccolta differenziata va bene. Certo, meglio degli inceneritori. Ma a alla lunga si spende energia e si inquina anche con la differenziata, Il futuro è semplicemente quello di imparare a riciclare ed a non produrre più rifiuti”.
Con Lombroso, sul palco del dibattito condotto da Stefano Bleggi, redattore del nostro giornale web, anche Gianfranco Poliandri, NoTav Brennero, che ha spiegato come funziona la scatola cinese delle grandi opere, e Tommaso Cacciari del comitato No Grandi Navi di Venezia, che ha raccontato fatti e misfatti di quei centri commerciali galleggianti che devastano e inquinano la laguna di Venezia.
Chiusura per Renato de Nicola del forum abruzzese dei comitati per l’acqua. “Rischiamo di andare a Parigi per non ottenere una cippa! Dobbiamo capire, mantenendo e anzi rafforzando la specificità, che tutte le nostre lotte ambientali hanno a che fare con i cambianti climatici. Dobbiamo capire che lottare contro i cambiamenti climatici significa lottare contro lo Sbloccaitalia, le Grandi Opere e tutta un sistema economico folle che viene finanziato rubando dalle nostre tasche soltanto per mantenere alto il profitto bancario. La strada per cambiare l’economia e non il clima, è sempre quella: radicalità di scontro e lotta di massa”.