“Motore, ciak, azione!” Torna a Venezia il Climate Camp

di Italo Madia – E’ iniziata ieri 7 settembre la terza edizione del Venice Climate Camp, al Lido di Venezia

Decolonialità, decrescita, capitalismo fossile, ambiente e lavoro sono le tematiche portanti di workshop, dibattiti e azioni dei prossimi giorni. Noi seguiremo puntualmente lo svolgersi di tale iniziativa non dimenticandoci dei percorsi e dibattiti precedenti che ci hanno condotto fin qui. Testimonianze importanti ci raccontano del lavoro svolto nei territori a partire dalla scuola, nei quartieri e nelle piazze.

I Pfas è una tematica fondamentale nel territorio veneto, l’avvelenamento della catena alimentare coinvolge milioni di persone e, quando si ritrovano tracce in atmosfera e nella pioggia i confini scompaiono e i colori delle zone a rischio imbrattano di grigio sporco i muri del palazzaccio. Ancora una volta la governance regionale si dimostra essere al di sotto anche delle più semplici soluzioni.

Pubblichiamo di seguito un articolo di Claudio Lupo, attivista in ambito di Centri sociali quali Bocciodromo di Vicenza, Nodalmolin, Ambulatorio Popolare Caracol Olol Jackson dove svolge attività sanitaria gratuita, Medico ISDE, Membro FISH Veneto per la difesa dei diritti delle persone con disabilità, Volontario nella cooperazione in ambito disabilità, Ambientalista, membro di PFAS.land, NoTAV, ZEROpfas, Antimilitarista, ci racconta cosa accade dentro le battaglie per fermare i nuovi colonizzatori.

 

 “Motore, ciak, azione!”, non c’è più tempo

di Claudio Lupo

Ribellarsi all’estinzione: un crimine perseguibile e punibile con denunce, processi, idranti, manganellate? O virtù?

Troppo a lungo abbiamo ascoltato le voci di chi ha provato a spiegare, dati alla mano, che la strada scelta in nome di un presunto sviluppo, stava portando verso il baratro quella stessa umanità che si intendeva aiutare, non solo, tutto il pianeta, la vita stessa sulla Terra era minacciata.

Le scelte politiche neoliberiste, dettate dai più bassi istinti egoistici, basate su interessi di parte, profitto, strategiche conflittualità, usurpazione di terre, saccheggi di risorse, distruzione di vite, patrimoni culturali e pensieri non omologati e caratterizzate da una costante mancanza di tutela dei beni comuni, dei diritti umani e dei viventi in genere, hanno portato alla situazione attuale.

Da una parte inquinamento di tutte le matrici: aria, acqua, suolo con perdita della possibilità di vivere in salute in molte parti del mondo. Dall’altra cambiamenti climatici, guerre (si parla di Ucraina, ma ci si dimentica di Etiopia, Yemen, Sael, Nigeria, Afghanistan, Libano, Sudan, Haiti, Colombia, Myanmar, per citare i conflitti in atto più pesanti), modelli di sviluppo capitalisti, dimostratisi fallimentari.

Ambedue questi schieramenti hanno un filo conduttore basato su razzismo, cultura della violenza, imperialismo, antropocentrismo. Tutti questi aspetti, compresi i cambiamenti climatici, riconoscono infatti una matrice antropica, violenta, prevaricante su qualsiasi altro vivente, migliaia sono le specie del mondo animale e vegetale ormai perse, promotrice di interessi economici per pochi nel nome di “prima noi”.

Intendiamoci, la cultura del noi per me è centrale, ma se intesa in termini di prevaricazione rispetto ad altri è abominevole. Interpreto il noi come comunità umana intera, che si pone al servizio della cura della casa comune e dei bisogni dei più fragili, dell’eliminazione delle barriere culturali e fisiche, dei confini, che tuteli le diversità come possibilità di attingere ad ulteriori risorse da mettere a disposizione di tutt*.

Ero presente il 24 luglio al Festival Mira On Air, nella bella cornice di Villa Leoni, organizzato da OPZIONE ZƎRO e NO INCENERITORE a sostegno dei Comitati NO Inceneritore Fusina per far fronte alla assurda condanna del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso contro l’impianto di Ecoprogetto Veritas per vizi di forma e condannato i comitati a pagare 30.000 euro di spese legali. In questa occasione ho partecipato all’incontro pubblico “Facciamo il punto” sulla vertenza inceneritore e sulle prossime scadenze dei movimenti per il clima. Erano presenti attivisti di Extinction Rebellion, Friday for Future e diversi comitati e associazioni ambientaliste compreso una rappresentanza del Movimento NO PFAS, di per sé articolato in diverse componenti, fra cui PFAS.land, organo di informazione e azione del movimento stesso, di cui faccio parte.

Ecco, questo significa NOI, costruire dal basso e collettivamente pensieri ed azioni per la comunità, instaurando rapporti, intese su contenuti, relazioni sociali, in un confronto di idee non egemoniche per sviluppare programmi e modelli diversi da quelli che imperversano trasversalmente animando una politica obsoleta e autoreferenziale.

Ebbene, a Mira ci siamo confrontati e a mio avviso sono emersi alcuni spunti importanti per le future riflessioni.

Ѐ necessario costruire reti provando ad abbandonare quella logica dell’associazionismo che ha fatto il gioco del potere, dividendo e isolando le varie voci per imporre la propria, impedendo una visione comunitaria dei beni, non privati né pubblici, ma di tuttә. La rete deve essere in grado di realizzare azioni che coinvolgano le cittadine e i cittadini nella riappropriazione della consapevolezza del ruolo fondamentale della partecipazione nei processi decisionali che riguardano l’esistenza di tuttә: la salute, il lavoro, la scuola, l’ambiente in una prospettiva inclusiva, solidale, cooperante. Una partecipazione che porti ad una considerazione del territorio non tecnocratica e formale, ma sostanziale, in grado di cogliere le contraddizioni insite nella sua trasformazione come pure nella stessa partecipazione dei cittadini sempre più controllata e circoscritta.

La ricerca e la produzione di dati dal basso e collettiva ha prodotto conoscenza reale, non una verità imposta, ha prodotto nel nostro territorio sensibilità, riflessioni, critiche ed azioni in grado di sovvertire le prospettive e smascherare i dogmi imperanti (vicende pfas, inceneritori, grandi opere).

Un esempio della realtà locale è ciò che è avvenuto in questi anni a proposito di beni comuni: l’inquinamento da PFAS della seconda falda acquifera più importante d’Europa ad opera della multinazionale MITENI, già questo un crimine poiché comporta la distruzione di un bene comune e la negazione di un diritto umano, la fruizione universale di acqua potabile incontaminata. Tralasciando tutta la questione delle responsabilità istituzionali, della bonifica, della messa al bando di queste sostanze ed altri argomenti fondamentali che meritano di per sé una trattazione a parte e di cui si possono trovare diversi contributi nell’archivio di PFAS.land*, compresa la documentazione relativa al nostro programma di intervento nelle scuole, che riteniamo importante per far crescere una diversa consapevolezza di cittadinanza attiva nei giovani, vorrei riportare l’attenzione su un aspetto che è emblematico dell’azione delle istituzioni quando parliamo di partecipazione.

Significative ed ispiratrici le parole di introduzione al bel saggio “Conoscenza, partecipazione e libertà” di Marvi Maggio**:

“Le norme comunitarie come la Convenzione di Aarhus del 1998 e ratificata nel 2001, la valutazione su piani e programmi, la convenzione sul paesaggio, hanno reso obbligatoria la partecipazione della popolazione per le decisioni che riguardano ambiente, territorio, paesaggio, producendo corrispondenti normative regionali e statali e la nascita di numerose attuazioni. Le ragioni sociali e ambientali hanno in potenza un nuovo sostegno… tuttavia, per attutire la temuta portata sociale innovativa dei disposti normativi, sono proliferate tecniche partecipative congegnate per ottemperare alle norme guardando in primo luogo all’immagine e non a rendere effettiva la partecipazione degli abitanti.”

Da anni chiediamo l’accesso a tutti i dati, la georeferentazione degli alimenti, in particolare su ortaggi e prodotti vegetali, la possibilità per tuttә di effettuare gli screening ematologici per poter diagnosticare correttamente le proprie eventuali patologie, diritti negati, come ha concluso anche la delegazione dell’ONU che il Movimento è riuscito a portare a Vicenza e il cui documento finale verrà reso pubblico in autunno.

Ora, sulla richiesta della georeferentazione è uscita solo il 14 giugno scorso la DGR 706 Veneto sul monitoraggio dei PFASs nelle filiere agroalimentari delle zone rossa ed arancione, che si riferisce solo agli alimenti animali e ci potrebbe anche stare, se fosse il primo passaggio per capire attraverso l’inquinamento organico degli animali lo stato delle altre matrici, tenendo pure presente, come mi dicono i veterinari, che i parametri della Comunità Europea cambiano di continuo e che quindi ostinarsi a prendere o concordare parziali provvedimenti e indagini da parte delle istituzioni non fa altro che autotutelarsi e procrastinare decisioni più importanti, da sollecitare anche a livello internazionale, per tutelare efficacemente la salute di cittadine e cittadini che nel frattempo continuano ad ammalarsi mettendo a rischio, per la natura ed il comportamento di queste sostanze, anche le future generazioni.

Dunque, per quanto possa sembrare capzioso, c’è anche un allegato, a questa DGR, che mi ha lasciato perplesso, l’allegato B “Piano di sorveglianza di PFAS nei prodotti agroalimentari delle zone rossa e arancione: alimenti di origine animale”, alla fine del quale c’è un elenco di animali per poterli codificare nei questionari che si propongono. Questo elenco comprende, oltre a quelli più comunemente utilizzati per l’alimentazione, animali quali zebra, ermellino, antilope, gazzella, alce, renna, cammello, dromedario, lama, alpaca, guanaco, vigogna. Dalla prospettiva della mia pluridecennale scelta vegetariana, fra l’altro mi rendo conto che ero rimasto a pollo, vitello e maiale. Non sapevo che c’è gente che si nutre di tali animali. Mi si potrebbe obiettare che animali come l’ermellino si allevano solo per la loro pelliccia (meritevole, considerato che anche per l’abbigliamento dei giudici della Corte Suprema di Cassazione circa venti anni fa si era deciso di sostituirla con quella sintetica!). L’analisi dunque dovrebbe essere utile a capire se anche questi animali sono inquinati da PFAS, visto che poi ciò che di loro rimane, tutto tranne la pelliccia, viene riversato nei campi come concime! L’istituzione si è mossa, sta lavorando per voi.

A questo punto è chiaro che il focus della questione diventa la rinuncia a uno sviluppo economico manipolato come benessere e facendolo apparire come una richiesta dal basso, a sostegno di una produzione capitalista. In tutti questi documenti e nei ragionamenti del sistema si parla di popolazioni ed abitanti, non si nominano mai le classi sociali, come se la popolazione fosse un tutto unico perché nella logica neoliberista non esistono schieramenti, differenze sociali, tutto è omologato o facilitato in questa direzione, a tal punto che anche le semplificazioni normative vanno nella direzione del sostegno ai poteri dominanti.

Bisognerà dunque ripartire dalla sensibilità sociale e ambientale dei territori per costruire nuove forme di produzione, di democrazia partecipativa dei luoghi, autogestita, che risponda ai bisogni sociali e non al profitto. Ѐ questa la più percorribile delle strade in grado di invertire la rotta verso la distruzione della natura, di cui dimentichiamo di far parte ergendoci a supremi dittatori, per ottenere benessere e felicità per ogni essere vivente del pianeta.

 

Note

* https://pfas.land/

** Marvi Maggio Architetta e Dottoressa di Ricerca in Pianificazione territoriale e urbana; Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di Professore universitario associato in Pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale, socia fondatrice del International Network for Urban Research and Action.